Operazione ‘Scipione’. Droga a Messina dalla cosca di ‘ndrangheta Morabito

I carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno arrestato 19 persone accusate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di droga, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi e reati contro il patrimonio. L’indagine denominata “Scipione” ha avuto inizio dopo un attentato a colpi di fucile subito nel 2016 da alcuni pregiudicati che si trovavano all’esterno di un bar a Messina. Dalle indagini è emerso che le vittime erano inserite in un traffico di droga. L’inchiesta ha accertato che il gruppo criminale messinese si riforniva stabilmente di droga personaggi legati alla cosca della ‘ndrangheta “Morabito-Bruzzaniti-Palamara” di Africo Nuovo, nel reggino, che assicuravano la consegna a domicilio, ogni settimana, di carichi di cocaina e marijuana che venivano poi distribuite nella città dello Stretto. Tra i fornitori individuati ed arrestati anche Giovanni Morabito, nipote del capo cosca Giuseppe. Particolare il modus operandi utilizzato dagli indagati per sottrarsi alle possibili investigazioni, documentato dai Carabinieri nel corso dei servizi di osservazione presso il citato locale: quando i calabresi arrivavano nel bar “Café sur la ville” di viale Regina Margherita a Messina del pregiudicato Angelo Albarino, entravano senza salutare come se non si conoscessero. Albarino li seguiva all’interno del locale solo alcuni minuti dopo il loro ingresso, una volta accertatosi che non vi fossero servizi di osservazione delle forze dell’ordine. All’interno del locale avvenivano quindi le trattative per la fornitura del narcorico. La droga veniva trasportata ogni settimana dalla Calabria a bordo di auto con doppi fondi; il trasporto era effettuato da Morabito e dai cugini Salvatore e Costantino Favasuli, i quali garantendo la consegna a domicilio, pretendevano una maggiorazione sul prezzo di vendita di ogni carico. Albarino e Giuseppe Selvaggio (poi diventato collaboratore di giusizia) curavano la successiva distribuzione del narcotico attraverso una rete di pusher, mentre i fornitori calabresi rifornivano anche altri gruppi di spacciatori messinesi facenti capo a Santo Salvatore, morto nel 2019 in carcere. Nel corso dell’attività investigativa sono state documentate le particolari modalità di occultamento dello stupefacente in Calabria: i Carabinieri del Nucleo Investigativo hanno ricostruito come i fratelli Favasuli e Morabito fossero soliti nascondere lo stupefacente seppellendolo nella sabbia dell’arenile di Africo Nuovo, contrassegnando i punti ove era occultato il narcotico con degli appositi segnali.

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