“Denis Bergamini era depresso per l’infortunio, una zia si era suicidata, quindi in famiglia c’era già stato un precedente, su di lui erano state fatte delle indagini su una presunta sieropositività, inoltre non riusciva a tirarsi fuori dalle maglie della criminalità organizzata in cui Padovano lo aveva messo contro il suo volere“.
Lo ha detto nell’arringa l’avvocato Angelo Pugliese che difende Isabella Internò, unica imputata nel processo per la morte dell’ex fidanzato, l’ex calciatore del Cosenza Calcio Donato Denis Bergamini avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre del 1989.
Il legale ha anche sostenuto la mancanza di prove per condannare la sua assistita, accusata di omicidio in concorso con ignoti.
“L’accusa mi deve provare il capo d’imputazione, il fatto deve essere totalmente provato. Voi – ha proseguito rivolgendosi alla Corte – per condannare la Internò dovrete dimostrare che quel pomeriggio è stata lei a chiamare Bergamini, dovrete dimostrare la presenza a Roseto di queste persone ignote e dovrete dimostrare che Bergamini è stato narcotizzato o se sono state ridotte le sue capacità“.
L’udienza è stata aggiornata a domani quando ci saranno eventuali repliche del pm Luca Primicerio e della parte civile Fabio Anselmo e la camera di consiglio per la sentenza.