Terme Luigiane. TAR accoglie ricorso di SATECA: stagione termale stoppata illegittimamente

Il Tar Calabria ha accolto il ricorso della società SATECA, gestore delle Terme Luigiane di Acquappesa e Guardia Piemontese contro l’acquisizione coattiva dei beni del compendio termale e delle sorgenti ad opera delle amministrazioni comunali. Secondo i giudici amministrativi i gestori avrebbero, inoltre, potuto continuare a svolgere le proprie attività termali.

Di seguito la nota diffusa dai legali di SATECA, gli avvocati Enzo Paolini e Ivan Incardona.

COMUNICATO STAMPA

Il TAR Calabria, con sentenza 1949/21, pubblicata oggi, ha deciso sui ricorsi prodotti da SATECA avverso i Comuni di Guardia Piemontese e Acquappesa e la Regione Calabria ed inerenti la ormai notissima questione delle Terme Luigiane.

Il Tribunale Amministrativo, pur riconoscendo la legittimità della posizione dei Comuni, quali concessionari della risorsa termale e quindi degli atti conseguenti (regolamento di utilizzo ed avviso esplorativo), ha accolto il ricorso della SATECA avverso l’acquisizione coattiva dei beni e delle sorgenti, condividendo in pieno le argomentazioni esposte dagli avvocati IVAN INCARDONA ed ENZO PAOLINI.

In particolare, il TAR ha valutato “elementi preponderanti che depongono nel senso della sussistenza del diritto della SATECA alla prosecuzione dell’attività fino all’effettivo subentro del nuovo sub-concessionario”, come sin dall’inizio la SATECA aveva rappresentato – invano – alle Amministrazioni Comunali.

Il TAR ha spiegato che, come era previsto inequivocabilmente negli accordi sottoscritti in Regione nel 2016 e in Prefettura nel 2019 – recepiti dai Consigli Comunali, ma definiti “inefficaci” dai Sindaci e dai legali dei Comuni – “il termine finale dello svolgimento dell’attività SATECA non è “comunque” il 31.12.2020, bensì, qualora le procedure di scelta del contraente dovessero eccedere detta data – circostanza poi verificatasi nel caso di specie – la ricorrente avrebbe potuto continuare a svolgere le proprie attività, rispondendo ciò a finalità anche di interesse pubblico, quali la prosecuzione della gestione del servizio pubblico; invero, si legge nello stesso Protocollo del 2016 che le finalità che ne hanno animato la sottoscrizione si rivengono non solo nel mantenimento dei livelli occupazionali, bensì anche nella continuità delle attività termali”.

A tale pattuizione, afferma il TAR, “deve essere attribuito un significato, che è appunto quello di garantire la prosecuzione dell’attività termale fino all’individuazione del nuovo sub-concessionario, ciò rispondendo non solo ad esigenze della società, ma anche all’interesse pubblico alla prosecuzione dello svolgimento dell’attività termale”.

Dunque, secondo il TAR, i Comuni “hanno comunque impedito a SATECA l’esercizio del diritto previsto dalla clausola dell’accordo del 2019, i.e. prosecuzione dell’attività fino al subentro del nuovo sub-concessionario, che è riconosciuto proprio per l’eventuale periodo successivo alo 31.12.2020, per il caso, verificatosi, di mancata conclusione delle procedure di selezione del nuovo sub-concessionario”.

Conclusione del Tribunale Amministrativo: “sono senz’altro illegittimi gli atti di esercizio del potere di autotutela pubblicistica posti in essere dai Comuni ed in questa sede impugnati, poiché hanno impedito l’esercizio delle attività di SATECA le quali certamente sono oggetto della previsione dell’accordo del 2019 anche oltre il 31.12.2020”.

La stagione termale è saltata, il servizio pubblico interrotto, 250 dipendenti privi di lavoro.

Emergono, dunque, le responsabilità di questo disastro: i Sindaci avevano sostenuto che la restituzione dei beni, in particolare delle sorgenti, si sarebbe resa necessaria per redigere il bando. Ma anche su questo il TAR è impietosamente chiaro: “sotto questo profilo, in relazione a quanto dedotto dai Comuni al par. 2 della memoria, vale peraltro evidenziare che proprio la circostanza per cui il diritto di svolgere l’attività della ricorrente fino al subentro del nuovo sub-concessionario non impedisce ai Comuni, peraltro nella loro stessa qualità di titolari della concessione, verificare lo stato di consistenza dei beni termali al fine di redigere il bando per l’individuazione del nuovo sub-concessionario.

Insomma: nel caso di specie, i Comuni hanno agito unicamente ritenendo che la ricorrente non potesse più svolgere la propria attività per essere spirato il termine del 31.12.2020.

Detta circostanza è tuttavia smentita dagli atti di causa e dunque l’esercizio del potere di autotutela esecutiva non può che essere considerato illegittimo”.

Ora, sarà necessario ritornare indietro, anche se i danni, enormi, si sono già prodotti e l’obbligo risarcitorio, imponente, ricadrà sulle amministrazioni responsabili.

Tutto questo, per di più, si inserisce nel quadro – totalmente fallimentare – della procedura annunciata dai Sindaci come risolutiva e che, se conclusa con un qualsiasi atto di affidamento, avrebbe, se non giustificato, quantomeno attenuato l’impatto devastante del pasticcio giuridico-amministrativo censurato dal TAR ed il disastro politico-sociale provocato dalle determinazioni di interrompere le attività impedendo a SATECA la prosecuzione.

SATECA​​​​

avv. Enzo Paolini

avv. Ivan Incardona

NOTA DEI SINDACI DI ACQUAPPESA E GUARDIA PIEMONTESE FRANCESCO TRIPICCHIO E VINCENZO ROCCHETTI

Con sentenza numero 1949/2021, pubblicata in data odierna, il TAR Calabria ha deciso in merito ai numerosi ricorsi proposti dal precedente gestore nei confronti dei Comuni di Acquappesa e di Guardia Piemontese.
Il TAR Calabria, con la corposa decisione – che ha riunito tutti i giudizi – ha dichiarato inammissibili ed infondati 3 dei 4 ricorsi proposti dalla SaTeCa, confermando, nel complesso, la legittimità dell’operato delle Amministrazioni comunali.
Rispetto all’unico ricorso oggetto di accoglimento, le Amministrazioni comunali ricorreranno in appello innanzi al Consiglio di Stato, non condividendo le motivazioni della decisione nella quale, più volte, lo stesso giudice amministrativo ha dovuto ammettere la poca chiarezza (“non perspicua”) del contenuto dei Protocolli sottoscritti nel 2016 e nel 2019 e la “formulazione ambigua” degli stessi.
Il TAR, sul punto, ha omesso di valutare lo stato di degrado tangibile e visibile del compendio e delle sorgenti lasciato dal precedente gestore – reso noto alle istituzioni ed alla cittadinanza – puntualmente cristallizzato nel verbale di consistenza redatto e prodotto nei giudizi amministrativi che denota, senza incertezza alcuna, proprio quegli “inadempimenti del sub-concessionario” di cui si parla, in astratto, nella decisione, ma che non sono stati, immotivatamente, valutati dal TAR.
Degrado e inadempimento che hanno cagionato danni milionari alle strutture di proprietà comunale e regionale e che dovranno essere risarciti dal precedente gestore, indipendentemente dalla decisione anzidetta.
L’impugnazione della sentenza è, dunque, per le Amministrazioni comunali doverosa sul piano giudiziario ed istituzionale anche in ragione della legittimità della concessione delle sorgenti, degli atti regolamentari adottati e delle procedure avviate dai Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese, tutti pienamente confermati dal TAR.

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