Terrorismo. Proselitismo per l’Isis nelle carceri di tutta Italia: arrestato detenuto a Paola

E’ accusato di associazione terroristica e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo, Raduan Lafsahi, un marocchino di 35 anni detenuto nel carcere di Paola raggiunto da un’ordinanza cautelare firmata dal gip di Milano Daniela Cardamone nell’inchiesta del pool antiterrorismo milanese guidato da Alberto Nobili.

Avrebbe fatto “proselitismo” per l’Isis in una decina di carceri italiane, con violenze e minacce su altri detenuti, esaltando gli attentati più eclatanti, dalle Torri Gemelle a quello a Charlie Hebdo.

Avrebbe iniziato la sua attività di proselitismo per l’Isis già quando era detenuto a Como tra il 2015 e il 2017 e l’avrebbe portata avanti nei penitenziari di Pavia, Torino, Potenza, Agrigento, Palermo, Catania, Messina e Catanzaro dove è stato rinchiuso per reati comuni come spaccio e rapine.

Al momento della notifica dell’ordinanza ha minacciato anche gli operatori e gli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Paola: “Allah Akbar, vi ucciderò tutti – ha detto – appena esco da qua, vi taglio la testa a tutti“.

Nelle 57 pagine dell’ordinanza vengono elencati, uno ad uno, gli “atti di danneggiamento, le aggressioni verbali e fisiche negli istituti di pena” e i suoi “messaggi di minaccia e intimidazione“, oltre a quelli di “apologia” dell’Isis e di “istigazione” nei confronti degli altri detenuti.

Io appartengo alla famiglia dell’Isis, vi ammazzo tutti“, avrebbe detto sempre in carcere e già nel 2015 e poi ancora, detenuto a Torino nel 2017, “primo o poi vi uccido”, rivolto a “personale della Gdf”. Un detenuto che era recluso con lui nel 2019 ha raccontato a verbale: “Diceva che dovevamo fare cose contro gli agenti, ci diceva di buttare addosso a loro qualsiasi cosa o di insultarli e creare disordini (…) di essere aggressivi”.

Secondo gli atti, tra l’altro, l’uomo ha anche una “rete di contatti che ben potrebbero dare realizzazione concreta” alla espressione della sua “ideologia violenta e estremista”. Nelle intercettazioni, infatti, il marocchino fa riferimento a “cugini stanziati nel territorio di Milano”, soggetti che lui stesso definiva “pericolosi”.

Il 35enne, scrive il gip, ha “predicato la paura diffusa come mezzo di dominio dell’Occidente, ha istigato gli altri detenuti alla commissione di atti di violenza volti a destabilizzare la disciplina e l’ordine carcerario”.

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