LE “MANI” DELLA ‘NDRINA CALABRIA-TUNDIS DI SAN LUCIDO FINO AD AMANTEA

Si è tenuta questa mattina nei nuovi locali della Procura di Catanzaro la conferenza stampa per rendere noti i dettagli dell’operazione condotta dai carabinieri con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia che ha portato all’identificazione di due sodalizi criminali attivi nei comuni di San Lucido e Paola.

Al termine dell’attività investigativa, conclusa anche grazie alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto 37 misure cautelari.

18 persone sono finite in carcere; 7 agli arresti domiciliari; per nove persone l’obbligo di dimora nel comune di residenza e l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria; per un soggetto è stato disposto il divieto di dimora mentre per altri due il divieto di esercitare attività di impresa.

La ‘ndrina Calabria-Tundis di San Lucido agiva fino ad Amantea, aggredendo l’economia locale attraverso le estorsioni, l’usura, l’esercizio abusivo del credito, le condotte intimidatorie.

Accanto all’attività predatoria – ha spiegato oggi in conferenza stampa il procuratore vicario della dda di Catanzaro Vincenzo Capomollala cosca si era infiltrata nelle attività economiche del territorio. La cosca si era inserita nel mercato della commercializzazione del pesce, del legname, delle automobili – ha spiegato Capomolla. Sono stati registrati intensi contatti tra la ‘ndrina di San Lucido e i vertici della’ ndrangheta Cosentina“.

Contatti che sono passati dal boss Francesco Patitucci al suo braccio destro Roberto Porcaro quando Patitucci era detenuto. La Dda di Catanzaro, insieme ai carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza e della compagnia di Paola, ha fatto eseguire misure cautelari non solo verso l’associazione mafiosa dei Calabria-Tundis ma anche verso due associazioni dedite al traffico di stupefacenti operanti a San Lucido e Paola. Il gruppo di San Lucido aveva Cosenza come canale di approvvigionamento, mentre quello di Paola si riforniva attraverso i canali classici nella Piana di Gioia Tauro. Dalle indagini sono emerse le attività estorsive, i tentativi di incendio a esercizi commerciali e non solo. Perché, ha specificato Capomolla, “non hanno risparmiato nessun tipo di attività, da quelle commerciali alle imprese impegnate in lavori pubblici“. L’attività della cosca è stata “molto pressante in un contesto territoriale non collaborativo con le forze dell’ordine“, ha sottolineato il magistrato.

Il comandante della Compagnia di Paola, Marco Pedullà, ha parlato di “omertà totale da parte di testimoni e vittime“. L’ufficiale ha invitato a segnalare ogni criticità perché le stazioni dei carabinieri sono presenti sul territorio.

In tempi non sospetti – ha detto il comandante del reparto operativo Dario Pini – i collaboratori parlavano di rapporti tra le cosche tirreniche e cosentine”. “Nel corso delle perquisizioni eseguite questa mattina – ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, Saverio Spoto – sono state rinvenute numerose armi, alcune con matricola abrasa“.

La cosca Calabria-Tundis si legittimava attraverso i rapporti con la ‘ndrangheta cosentina e non è escluso che l’attività di usura avvenisse con capitali che potevano provenire da Cosenza.

(foro Gazzetta del Sud)

 

 

 

 

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