‘NDRANGHETA. OPERAZIONE “ATHENA” COINVOLTA LA FAMIGLIA ABBRUZZESE

L’operazione compiuta questa mattina da polizia e carabinieri, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ha interessato l’attuale assetto operativo dell’organizzazione criminale di ndrangheta stanziata a Cassano allo Ionio e nel comprensorio della Sibaritide, riconducibile ad esponenti della famiglia Abbruzzese di Lauropoli.

Nel corso dell’operazione gli agenti ed i militari hanno notificato 68 misure cautelari, emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del tribunale di Catanzaro su richiesta della Dda catanzarese, nei confronti di altrettante persone. 39 indagati sono finite in carcere, 24 ai domiciliari, mentre per 5 il Gip ha disposto l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo ‘ndranghetistico, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravato dalle finalità mafiose, estorsione, favoreggiamento della latitanza e altri numerosi delitti, anche aggravati dalle modalità e finalità mafiose.

Impiegati nell’operazione il Nucleo Investigativo reparto Operativo – Comando Provinciale di Cosenza, la Polizia di Stato con il personale delle Squadre Mobili di Cosenza e Catanzaro e del Servizio centrale Operativo di Roma.

L’inchiesta ha permesso di ricostruire, oltre l’attuale assetto e l’operatività dell’organizzazione riconducibile agli Abbruzzese, anche di un’associazione a delinquere dedita al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti di vario genere, con la suddivisione dei ruoli e la gestione delle piazze di spaccio, operante sotto l’egida del medesimo sodalizio di ‘ndrangheta.

L’indagine è stata condotta attraverso attività tecniche, servizi sul territorio, riscontri “sul campo”, con riguardo alle dinamiche connesse al traffico di stupefacenti, alle numerose condotte estorsive, ed alla ricostruzione della rete dei fiancheggiatori che avrebbero favorito la pregressa latitanza di Luigi Abbruzzese, considerato esponente di vertice del sodalizio.

Nel corso delle indagini sono anche state acquisite e analizzate dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.

Alcuni indagati sono ritenuti responsabili anche di danneggiamenti e incendi finalizzati alle estorsioni agli imprenditori operanti nei settori del turismo, dell’edilizia e dell’agricoltura.

Contestati, tra gli altri, anche il delitto di usura, con connesse estorsioni per la riscossione delle somme prestate, violenza privata, reati in materia di armi, furto aggravato, ricettazione, riciclaggio, favoreggiamento personale e reale, possesso e fabbricazione di documento di identificazione falso, intestazione fittizia di beni in relazione ad attività imprenditoriali legate al mondo del mercato ortofrutticolo.

Inoltre, nel corso dell’attività di indagine compiute con riguardo al traffico di sostanze stupefacenti, i Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza hanno arrestato in flagranza di reato 10 soggetti e sequestrato circa 3 chili di sostanza stupefacente del tipo eroina, cocaina e marijuana.

Contestualmente, i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza hanno dato esecuzione al sequestro preventivo, disposto del Giudice per le Indagini Preliminari di Catanzaro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, di beni immobili, aziende, quote sociali, beni mobili registrati, rapporti finanziari, riconducibili a plurimi indagati, per un valore stimato di circa 5 milioni di euro.

Tra i beni sequestrati un terreno adibito ad agrumeto, un Bar-Tabacchi, un autoveicolo, 17 rapporti finanziari, 5 complessi aziendali di imprese attive nel settore del commercio di autoveicoli, della produzione, lavorazione e distribuzione di articoli ortofrutticoli con relative quote di partecipazione sociale.

Le ampie e articolare indagini patrimoniali condotte dai Militari del Nucleo Investigativo Carabinieri di Cosenza, hanno consentito di scoprire la sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità – diretta e indiretta – degli indagati e le capacità economico-reddituali dei rispettivi titolari, oltre che l’intestazione fittizia di beni, con un compendio patrimoniale pertinente ai reati contestati.

Per gli inquirenti “l’operazione ha portato all’esecuzione di 68 misure cautelari nei confronti di quello che non è un gruppo criminale comune ma una vera e propria organizzazione mafiosa capace di battezzare i bambini in nome di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i tre cavalieri fondatori di tutte le mafie, gli Abbruzzese che operano tra Cassano allo Ionio e Lauropoli.”

Il procuratore della DdA Catanzaro, Nicola Gratteri, ha incontrato i giornalisti nella conferenza stampa che si è tenuta nei locali della Procura della Repubblica catanzarese  per illustrare l’operazione anti ‘ndrangheta

LE DICHIARAZIONI DEL PROCURATORE NICOLA GRATTERI IN CONFERENZA STAMPA

“Bisogna cominciare a parlare di mafia della Sibaritide. 

Non solo traffico di droga a livello internazionale, ma hanno vessato imprenditori agricoli e del turismo.

Si è banalizzato parlando di zingari come se fosse criminalità comune. Ho lottato per anni per avere maggiore attenzione sulla Sibaritide, un’area che a me sta molto a cuore perché dotata di un’imprenditoria agricola produttiva ed evoluta. La Calabria ha due importanti vocazioni, l’imprenditoria agricola e il turismo, entrambe venivano vessate nella Sibaritide. Io chiedevo uomini e mezzi per dare risposte. Perché gli imprenditori devono lavorare tranquilli. Questa area della provincia di Cosenza è storicamente caratterizzata dalla poca presenza di forze dell’ordine.

Per non mollare un’inchiesta importante è stata necessaria un’operazione congiunta di polizia e carabinieri che hanno lavorato, come ha detto, il comandante del reparto operativo Dario Pini di Cosenza “non con molti militari ma con militari che hanno dato l’anima con un intenso lavori di intercettazione e osservazione controllo e pedinamento”.

L’operazione ha decapitato un gruppo criminale presente in maniera “capillare” sul territorio, come ha sottolineato il procuratore vicario Vincenzo Capomolla. Abbiamo registrato diverse intestazioni fittizie di imprese. Dietro lo schermo di imprenditori asserviti c’era la cosca Abbruzzese che gestiva attività imprenditoriali anche importanti. Come ha riferito il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza Saverio Spoto, l’associazione reinvestiva i capitali illeciti in attività economiche anche di rilevante livello. Particolarmente attenzionata è stata la figura di Luigi Abbruzzese, capo dell’organizzazione, hanno spiegato Maurizio Miscioscia, direttore dello Sco di Catanzaro e Gabriele Presti, dirigente della Squadra mobile di Catanzaro. Abbruzzese, latitante dal 2015 al 2018, per sfuggire all’operazione Gentleman.

Un soggetto che “spingeva i propri congiunti” a essere orgogliosi di appartenere alla “famiglia” e che aveva passato la reggenza del clan allo zio durante la latitanza. Nel corso delle indagini è emerso anche il ruolo attivo delle donne della cosca, vere “protagoniste della compagine criminale”. Una compagine capace di “ottenere senza chiedere”, in un “contesto criminale completamente soggiogato”. “Solo grazie alle intercettazioni è stato possibile – ha detto il vicario Capomolla – superare la resistenza delle persone offese”.

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