TRAFFICO DI ESSERI UMANI. OPERAZIONE “PAREPIDEMOS” DELLA DDA REGGINA: 4 ARRESTI

I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione, in Francia e Germania, ad ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 4 cittadini afghani, ritenuti a vario titolo responsabili di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina e di esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria. I militari hanno, inoltre, sequestrato il furgone utilizzato per il trasporto dei migranti e il denaro provento dell’attività illecita.

L’inchiesta, denominata “Parepidemos”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Dott. Giovanni Bombardieri, avrebbe permesso di definire una filiera criminale di immigrazione clandestina localizzata in Turchia, Italia, Francia e Germania e di ricostruire i ruoli dei soggetti coinvolti, tutti di origine afgana.

Uno dei quattro arrestati, un 43enne afgano, secondo gli inquirenti, avrebbe preso parte ad “un sistema organizzato transnazionale che gestiva e assicurava l’ingresso clandestino e illegale di migranti in vari paesi europei” e per questo è accusato di essere il promotore, organizzatore e autista del gruppo di trafficanti.

Mentre gli altri tre destinatari delle misure cautelari avrebbero svolto il ruolo rispettivamente di intermediario tra il trafficante ed i parenti dei trasportati; di sodale, preposto all’accoglienza dei migranti, localizzato a Marsiglia, ed infine di terminale delle somme erogate a titolo di compenso per il viaggio, stanziato in Germania.

Le indagini si sono sviluppate attraverso i canali di cooperazione internazionale. In particolar modo con la collaborazione dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) che si è occupata, dal lato giudiziario, di organizzare l’esecuzione dei diversi ordini di indagini europei, comprese le attività intercettive svolte all’estero e le rogatorie internazionali e dall’ufficio europeo di polizia (Europol) che ha fornito il proprio supporto mettendo a disposizione il suo capitale di analisi e le banche dati in uso.

Con i carabinieri reggini hanno collaborato in Germania, il Direttorato per la lotta al crimine della Bundespolizei e, in Francia, la Police Nationale, le Brigate Mobili di ricerca della Direzione Centrale della Polizia di frontiera di Bordeaux e Marsiglia.

L’inchiesta è iniziata nell’ottobre 2020 a seguito dell’innalzamento del numero di sbarchi di clandestini registrato sul litorale reggino, in particolare sulla costa ionica. L’attenzione degli inquirenti si è concentrata sui movimenti dei migranti successivi allo sbarco, quando – in ragione dell’allora vigente emergenza epidemiologica – venivano posti in isolamento fiduciario presso i centri di contenimento sanitario temporaneo.

Gli accertamenti investigativi, disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina, hanno consentito di registrare i movimenti di un 43enne afgano residente in Francia, mentre, a Bova Marina, in provincia di Reggio Calabria, a bordo di un furgone con targa transalpina, avrebbe fatto salire sul mezzo 10 connazionali. Le indagini hanno permesso di ricostruire l’intero percorso affrontato dal 40enne che insieme agli altri connazionali, avrebbe percorso l’intero territorio italiano, facendo tappa in Abruzzo, in Lombardia e in Liguria, per poi lasciare i migranti in montagna, a pochi chilometri di distanza dal confine, ed uscire dal territorio nazionale dal valico del Frejus (la galleria a pedaggio che collega la Francia con l’Italia).

I Carabinieri di Susa, prima che facesse ingresso nel traforo del Frejus, hanno controllato lo straniero che risultava essere l’unico occupante del mezzo. Durante l’ispezione del furgone, i militari hanno rinvenuto, sui sedili posteriori, alcuni bagagli contenenti pannolini per bambini ed altri vestiti non appartenenti all’indagato e scoperto la presenza di un vano, creato ad hoc nella parte posteriore del mezzo, per nascondere le persone.

In seguito ad una segnalazione inserita nella Banca dati Schengen la Polizia francese ha arrestato il 43enne afgano sorpreso mentre travalicava il confine con sei connazionali clandestini.

Gli altri destinatari dei provvedimenti restrittivi sono stati arrestati due in Francia ed uno in Germania.

Gli accertamenti hanno permesso altresì agli inquirenti di individuare il canale finanziario che sarebbe stato utilizzato per effettuare le transazioni economiche.

Le indagini avrebbero consentito di accertare l’utilizzo del metodo informale noto come “hawala”. Un sistema di trasferimento di denaro basato sul brokeraggio informale e su relazioni non contrattuali che prevede che il soggetto che intende trasferire una somma di denaro a altro soggetto, di norma residente in un diverso paese, contatti un broker intermediario (c.d. hawaladar) e gli versi la somma da inviare; l’intermediario locale contatta quindi un suo omologo nel paese ricevente, dandogli ordine di pagare al soggetto destinatario la somma indicata, trattenendo una commissione. La somma versata al destinatario – che nell’odierna indagine è stata quantificata in 1500 euro per ogni migrante per il servizio di trasporto – verrà successivamente rimborsata dal primo al secondo intermediario, con tempi e mezzi variabili, secondo le circostanze.

Secondo gli inquirenti gli esiti investigativi evidenziano come gli odierni indagati rappresentino la cellula localizzata sul territorio continentale che, attraverso modalità operative ben pianificate, era addetta a consentire ai migranti, una volta giunti nel reggino, dopo l’arrivo in Italia a bordo di natanti e a seguito della collocazione in centri di accoglienza, di allontanarsi e partire verso località del centro Europa.

Le circostanze con cui i migranti hanno raggiunto la destinazione ambite ha portato la Procura reggina a contestare le aggravanti, confermate nel provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari, di avere esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vitaavendoli abbandonati in una zona di montagna, al freddo ed alle intemperie, su sentieri scoscesi ed impervi – e quella di aver commesso il fatto sottoponendo i trasportati a trattamento inumano e degradante – nascondendoli nel furgone.

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